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Giorgione a Montagnana - Convegno di Studi
di Umberto Daniele
In concomitanza con la mostra su Giorgione alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, si è svolto a Montagnana,
presso Padova, un convegno di studi sulle testimonianze pittoriche della presenza di Giorgione in città,
organizzato dal comitato Montagnana Immagine e Cultura in collaborazione con il Comune. Nella mattinata di
sabato 29 novembre 2003 si sono riuniti nel duomo cittadino diversi studiosi, per discutere sul significato
iconologico del disegno conservato nel Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam e dei due affreschi mutili
raffiguranti David e Giuditta nella retrofacciata del duomo, attribuiti – pur non concordemente - al maestro
di Castelfranco.
E’ toccato a Lionello Puppi aprire il convegno, riassumendo lo stato dell’arte del dibattito su Giorgione e
ponendo sul tappeto, sulla scorta di convinzioni maturate in sintonia con Augusto Gentili, tre principali
"nodi irrisolti" da discutere: 1) a partire dalla commissione della Pala di Castelfranco, il radicamento
dell’artista nella marca trevigiana, dove, prima che a Venezia, si potevano respirare vivifiche
"aure lombarde"; 2) la sua collaborazione con Catena e la necessità di approfondire la conoscenza della
cerchia del doge Loredan; 3) la ragione della presenza a Montagnana dell’artista, sulla quale sembra sia
calata una damnatio memoriae.
Ha subito raccolto la sfida, nel successivo intervento, l’organizzatore del convegno Enrico Maria Dal Pozzolo,
con la ricognizione di un decennio di letteratura scientifica per quanto riguarda la ricezione della proposta
di paternità giorgionesca degli affreschi del duomo.
Gli ha fatto eco Leone Parolo, che ha riassunto le
vicende attribuitive sviluppatesi in due decenni attorno anche all’altra opera legata a Montagnana, ossia
il disegno a sanguigna di Rotterdam, in cui è stata riconosciuta una veduta di Castel San Zeno e delle mura
urbiche. Oltre all’esplicito sostegno di Puppi (1993), Guidoni (1999) e Gentili (1999), la proposta
attributiva degli affeschi ha ricevuto molti consensi non pubblicati - come quelli di Zeri, Benati e
Mariuz - ma ben documentati, come ha dimostrato nel corso del suo intervento Dal Pozzolo; il quale ha anche
sostenuto la possibilità di identificare il committente dell’opera con Domenico Grimani, una figura che
senz’altro è destinata a surclassare quella, a suo tempo proposta, del podestà Marcello.
Dal 1497
il cardinale aveva infatti assunto la carica di arciprete del duomo, che tuttavia esercitava tramite un
vicario di nome Teodoro. I gusti collezionistici di Grimani, ricordati nelle note di Marcantonio Michiel,
potrebbero spiegare in modi alternativi sia lo sviluppo stilistico di Giorgione, sempre più connotato dal
leonardismo e dallo studio della statuaria antica, sia gli interessi dell’artista nei confronti della
cultura ebraica, in quanto il cardinale non possedeva solo dipinti di Leonardo e molti capolavori scultorei
greco-romani, ma ache ben 123 manoscritti ebraici.
Bernard Aikema si è soffermato a discutere il disegno di Rotterdam e le sue precarie condizioni di
conservazione. Riconoscendone l’autografia giorgionesca, ne ha proposto una lettura in chiave di simbolismo
religioso. Sulla scorta di esempi nordici, tra cui un dipinto di Hieronymus Bosch (il Figliuol prodigo),
il presunto Ganimede (di cui lo studioso conferma di non vedere però la relativa aquila) può venir letto
piuttosto come l’homo viator, il pellegrino cristiano che secondo sant’Agostino transita nel mondo al solo
scopo di riconquistare il Paradiso Terrestre.
Della stessa opera Loredana Olivato ha invece proposto una
contestualizzazione a ridosso delle operazioni belliche legate alla guerra di Cambrai. Ne è emersa quindi
una diversa lettura, che ha assunto le mura di Montagnana come documento della precaria condizione di
quella pur nobile macchina bellica di fronte al mutato scenario strategico, allorché l’affermarsi
dell’artiglieria imponeva ormai di adottare le nuove difese bastionate. Dunque si tratterebbe di un "memento";
di una commissione proveniente da ambienti vicini all’ideologia difensiva di Bartolomeo d’Alviano, che
potrebbe venir ristretta dagli studi futuri anche ai Pisani, esponenti dell’aristocrazia veneziana che
accanto ai già menzionati Marcello e Grimani avevano interessi o possedimenti in loco.
Si è quindi passati alle analisi scientifiche dello stato degli affreschi, rilevanti anche in seguito al
recente restauro curato dalla Soprintendenza. Grazie anche al supporto offerto dalla lettura di Vasco
Fassina dei risultati delle indagini sulla composizione chimica dei colori, emersi nel corso delle analisi
preliminari al restauro, Giuliana Ericani ha potuto presentare i più significativi dati emersi dal restauro
dei due dipinti, mentre Annamaria Spiazzi ha poi allargato l’orizzonte conoscitivo ai restauri delle opere
giorgionesche a Castelfranco Veneto.
Dopo l’interessante lettura iconologica di Anchise Tempestini dei nessi ideologici che pongono la coppia
David-Giuditta in stretta relazione con quella formata da Adamo ed Eva, è toccato ad Augusto Gentili,
che aveva anche introdotto la sessione iniziale, tirare le fila del convegno, riconsiderando il ruolo
culturale svolto da Giorgione e la posizione delle opere montagnanesi nel suo complesso iter.
Si è infine
aperte la discussione collegiale, al fine di tracciare un primo bilancio dello stato degli studi. Bilancio
che in verità appare difficile far quadrare, considerando, da un lato, l’elusiva reticenza di alcuni
relatori (Tempestini) o il netto dissenso di altri (Ericani) rispetto alla paternità giorgionesca degli
affreschi nella parete di controfacciata del duomo; ma anche, dall’altro, le relazioni diagnostiche, che
hanno evidenziato una tecnica esecutiva sensibilmente diversa. David e Giuditta non differiscono tanto nel
metodo dell’affresco, che evidenzia una stesura dei colori avvenuta su una parete in avanzato stato di
carbonatazione, ossia in parte asciutta, quanto nella scelta dei pigmenti e delle preparazioni degli incarnati;
in termini tali da avanzare, a nostro giudizio, legittimi dubbi sull’identificazione di una stessa mano per
quanto riguarda il frescante.
Nel tracciare un primo bilancio di questo incontro ci sembra che forse il più fecondo spiraglio di ricerca
sia stato indicato da Enrico Maria Dal Pozzolo, che, come ha voluto ricordare, più di altri in questi ultimi
anni ha potuto porre attenzione alla questione. Per quanto, a nostro avviso, siano da verificare attentamente
i reali tempi della formazione delle raccolte Grimani e quindi la loro effettiva disponibilità per essere
oggetto di studio da parte di Giorgione, l’ipotesi di un più stretto collegamento tra l’artista e Domenico
Grimani permette comunque di aprire interessanti prospettive alle future ricerche.
In particolare si
dovranno studiare i possibili legami intercorrenti tra l’artista e altri protetti del cardinale, tra i
quali Dal Pozzolo fa emergere in particolare la figura di Pellegrino da San Daniele; è significativo che
anche Tempestini (il quale ha dedicato diversi studi all’artista friulano) nel corso del suo intervento si
sia soffermato, sia pur da un’altra angolazione, su alcune tangenze in tal senso. Se questa "via friulana"
potrebbe quindi riservare altre sorprese a chi volesse percorrerla, va tuttavia evidenziato che gran parte
degli interventi sono apparsi legati, nella loro strutturazione e nella delimitazione (talvolta decisamente
rigida) del campo d’interesse, a precisi indirizzi accademici di ricerca, mostrando aperture alle
interpretazioni alternative solo nelle more della discussione e non tanto, ci sembra, nella sostanza
metodologica.
Inoltre non sono state tenute nella debita considerazione tutte le recenti acquisizioni
della critica giorgionesca; ci riferiamo, ad esempio, da un lato all’apertura verso la cultura ebraica e
quindi alla riconsiderazione della religiosità di Giorgione (Dal Pozzolo) o alla richiesta di approfondire
i legami con la cerchia del Loredan, acquisiti tramite Catena (Puppi), temi già da tempo oggetto di indagini
monografiche svolte da Enrico Guidoni e da altri studiosi afferenti a "Studi giorgioneschi".
Se ci fosse
davvero bisogno di un’ulteriore conferma, si potrà ad esempio riconsiderare, magari leggendolo negli atti
del convegno, il parere "eretico" di Giuliana Ericani sull’autore degli affreschi. Il nome di Giulio
Campagnola viene fatto dalla studiosa, pur con le opportune cautele del caso, esclusivamente sulla base
di una lettura dell’insoddisfacente qualità delle proporzioni e della composizione delle figure, rispetto
al presunto classicismo che dovrebbe denotare invece quelle del maestro di Castelfranco; non certo
sull’estenuata eleganza cortese e sull’icasticità del David - palese nel paesaggio quasi nervosamente
"scritto" - che, come Guidoni da diversi anni va evidenziando, sono stilemi non tanto formali ma culturali
di quello che fu il brillante (e per altri sfuggente) "alter ego" di Giorgione.
il convegno è stato patrocinato da:
Comune di Montagnana, Regione del Veneto, Provincia di Padova,
Soprintendenza per il Patrimonio Storico e Artistico del Veneto, Soprintendenza Speciale per
il Polo Museale Veneziano,
Università degli Studi di Verona, Camera di Commercio di Padova e Crediveneto
il disegno "Veduta di Castel San Zeno di Montagnana" è stato gentilmente concesso
dal Museo Boijmans - Van Beuningen di Rotterdam
ringraziamo per la recensione il prof. Umberto Daniele, componente del Comitato di Redazione di Studi Giorgioneschi
Per informazioni
Comitato Montagnana - Immagine e Cultura
Tel. 0429 81320; email:
montagnana.immagine@libero.it
Ufficio Beni Culturali Comune di Montagnana
Tel/Fax 0429 804128
Per approfondire gli studi sul Giorgione è consultabile www.giorgione.net
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